Lamezia, Mancuso e Bonacci: “Reparto Covid ha curato 54 utenti evitando trasferimento fuori regione”

Lamezia Terme – “L’Italia è stata una tra le nazioni maggiormente colpite dalla pandemia Covid 19, arrivando a contare oltre 2 milioni di contagi accertati e circa 72.000 decessi; il nostro Paese si è ritrovato ad affrontare in modo drammatico una situazione nuova e inaspettata che si è velocemente tramutata in una crisi sanitaria senza precedenti. Solo applicando modelli organizzativi nuovi e trasformando rapidamente le strutture ospedaliere, è stato possibile offrire la necessaria assistenza alla moltitudine di malati. Gli operatori sanitari sono certamente tra le categorie più colpite, come è facile intuire, con un totale di circa 90.000 affetti, essendo associato all’elevata esposizione al rischio, dovuta alla peculiarità dell’attività lavorativa, un insieme di ulteriori fattori concausali. Elemento causale non trascurabile, e anzi necessitante di valutazione oggettiva del singolo caso, è rappresentato dalla variabilità del comportamento individuale, con mancata aderenza alle procedure di prevenzione e protezione”. A fare il punto sulla situazione, il Covid Manager dottor Federico Bonacci e il Referente Esecutivo COVID dottor Gerardo Mancuso in merito alle preoccupazioni espresse, nei giorni scorsi, dal presidente dell’Associazione “Senza nodi”, che, raccogliendo e facendo propria la testimonianza del marito di una delle infermiere in servizio presso il reparto Covid dell’Ospedale di Lamezia, risultate recentemente positive al virus, parla di “crepe”, “turni massacranti” e “totale insicurezza” nel contesto lavorativo del nosocomio. Secondo i due medici “Se può risultare comprensibile lo sfogo dei familiari degli operatori sanitari contagiati, in attività di servizio, peraltro tutti asintomatici o paucisintomatici, non è giustificabile basare le proprie affermazioni, su dichiarazioni anonime di soggetti terzi, che non hanno né competenza né conoscenza diretta dei fatti trattati”. I professionisti si dicono “sicuri che l’indagine epidemiologica in corso farà chiarezza sulle cause del contagio delle operatrici sanitarie del Reparto Covid, nel frattempo si rende necessario confutare alcune affermazioni assolutamente non veritiere contenute nel suddetto articolo: I turni di servizio di ciascun operatore sanitario sono stati espletati in conformità ai contratti collettivi nazionali di lavoro; solo in via del tutto eccezionale in alcuni casi si è fatto ricorso ad ore di lavoro straordinario, effettuato esclusivamente su base volontaria; I presidi di protezione individuale necessari sono stati forniti dalla Farmacia ospedaliera in modo costante e regolarmente distribuiti agli operatori sanitari ad ogni turno; Il percorso “sporco-pulito” dell’Area Covid è stato delineato dalla Direzione Sanitaria POU ed approvato dall’Unità di Crisi aziendale prima dell’attivazione del Reparto; Tutti gli operatori sanitari in servizio nell’Area Covid sono stati sottoposti a formazione individuale, relativamente all’esecuzione in sicurezza delle procedure di vestizione-svestizione, dai Medici Competenti unitamente al Reponsabile della Prevenzione e Protezione aziendale; La sanificazione è regolarmente effettuata nel nosocomio, ma ovviamente è inutile effettuarla nelle stanze di degenza Covid, nelle quali gli ammalati respirano in aria ambiente; Il ricambio d’aria nel Reparto è garantito dalla ventilazione esterna, l’utilizzo dei climatizzatori nei Reparti Covid è fortemente sconsigliato, per la possibile diffusione del virus nell’ambiente; L’applicazione dei caschi per la respirazione è di competenza dei medici; La sistemazione in stanze singole, a pressione negativa, con bagno annesso, rappresenta senz’altro il gold standard per i malati Covid, purtroppo possibile solo per pochi pazienti, dato l’enorme numero degli affetti; in Calabria solo negli Ospedali HUB esistono alcune stanze a pressione negativa. Non possiedono stanze a pressione negativa le Malattie infettive di Vibo Valentia, Crotone ed il Reparto Covid 2 del Pugliese, situato nell’ex Geriatria, attivate contemporaneamente al Reparto lametino ed l’85% dei reparti italiani che assistono i pazienti COVID”. Si evidenzia ancora che “l’apertura del Reparto Covid a Lamezia è avvenuta su esplicita richiesta del Dipartimento della Salute regionale, per ovviare al sovraffollamento degli Ospedali HUB in sofferenza per la seconda ondata, tanto da far dichiarare la Calabria zona rossa, non per il numero dei contagi, ma per l’insufficiente numero di posti letto Covid della rete ospedaliera. Tuttavia è necessario sottolineare un aspetto sicuramente importante, il reparto Covid del Giovanni Paolo II ha curato a oggi, con innegabile successo, 54 utenti, quasi tutti dell’area lametina, che altrimenti, in assenza di posti letto negli HUB, sarebbero stati trasferiti quasi certamente fuori regione, con le inevitabili conseguenze cliniche dovute al ritardo nell’inizio della terapia, senza considerare il disagio per le famiglie e lo stress per il paziente stesso. Sarebbe forse giusto cominciare a rendere merito a tutti i medici, infermieri, operatori socio-sanitari che hanno contribuito a realizzare questo lusinghiero risultato, piuttosto che continuare a gettare fango sul nosocomio lametino. Cui prodest?”, concludono il dottor Mancuso e il dottor Bonacci.